Le emergenze come quella che stiamo vivendo a causa del COVID19, si configurano come traumi collettivi che possono suscitare, non solo in chi è direttamente coinvolto in situazioni di lutto o malattia, ma in tutta la comunità, adulti e bambini, reazioni anche intense dal punto di vista emotivo e corporeo.
La paura per la sopravvivenza propria e dei propri cari, l’improvvisa interruzione della propria quotidianità e degli aspetti che fino a quel momento davano sicurezza, il protrarsi della condizione di isolamento e dello sconvolgimento dei ritmi ordinari senza una prospettiva chiara, in generale la mancanza di controllo e la sensazione di impotenza, sono forti fattori di rischio dal punto di vista psicologico e somatico.
Nei momenti di allarme e preoccupazione, i bambini hanno bisogno di ricorrere alle loro figure di riferimento adulte per sentirsi rassicurati. Quando, però, come in questo caso, anche gli adulti di riferimento sono esposti a loro volta a situazioni traumatiche e ansiogene, i bambini possono avere la sensazione di un’ulteriore perdita di sicurezza in chi vorrebbero gli potesse fornire rassicurazione riguardo a ciò che avvertono (paura, ansia, sensazione di pericolo, rabbia).
Per questo, il primo aspetto su cui porre l’attenzione in questo momento nella relazione con i bambini è come noi adulti ci sentiamo.
Osservare e prendere contatto in modo autentico e non giudicante con ciò che proviamo, ci dà modo di essere consapevoli di ciò che comunichiamo ai bambini, che non recepiscono solo le nostre parole o gli atteggiamenti che intenzionalmente decidiamo di utilizzare con loro. I bambini sono osservatori attenti, percepiscono gli sguardi e la comunicazione corporea più che le parole, sentono “a pelle” ciò che noi proviamo e si preoccuperanno di più se percepiranno incongruenze tra ciò che vogliamo comunicargli esplicitamente e ciò che loro percepiscono in noi (tensione, allarme, ansia, irritabilità).
E’ di fondamentale importanza quindi che gli adulti che avvertono in sé alti livelli di stress, paura e ansia, reazioni del tutto normali nella situazione attuale, possano trovare uno spazio di sostegno psicologico ed emotivo che sia loro di aiuto per fronteggiarle, così da poter poi restituire ai figli la sicurezza emotiva necessaria.
In seguito all’esposizione a un evento critico i bambini possono provare numerosi stati emotivi: tristezza, colpa, rabbia, paura, confusione e ansia. Possono anche sviluppare reazioni somatiche, come disturbi fisici (mal di testa, mal di pancia, calo delle difese immunitarie).
I bambini esprimono però i loro sentimenti in maniera differente rispetto agli adulti. Le loro reazioni emotive e comportamentali sono più discontinue e intermittenti, non mantengono la stessa intensità emozionale per periodi lunghi.
Ad esempio, possono avere forti crisi di pianto o rabbia, oppure insonnia, paure improvvise, e poco dopo sembrare non coinvolti nel dolore o nella preoccupazione al punto da apparire indifferenti. La percezione degli adulti allora potrebbe essere “stanno giocando come prima, hanno superato tutto”. In realtà si tratta di un’alternanza di stati emotivi sperimentati dai bambini “a piccoli pezzi”, in quanto poco elaborabili e tollerabili per periodi protratti, dato lo scarso sviluppo, nel bambino, delle aree cerebrali frontali deputate alla connessione tra pensiero ed emozioni.
Le reazioni più comuni e normali nei bambini di fronte allo stress emotivo e al forte cambiamento delle proprie abitudini sono:
-Rabbia e irritabilità, spesso diretta alle persone più vicine (genitori, amici).
-Noia, spesso diretta alla fatica di mantenere i ritmi delle attività scolastiche a distanza. Bisogna tenere presente che lo sconvolgimento degli ambienti può generare confusione e fatica a seguire le indicazioni.
-Espressione del dolore attraverso il comportamento più che attraverso le parole: irritabilità, problemi di concentrazione, dipendenza dai videogiochi, riproduzione attraverso disegni o drammatizzazione di scene di immagini che rimandano i temi ascoltati sul contagio, manifestazione di nuove paure o di comportamenti regressivi o tipici di fasi precedenti della crescita.
-Difficoltà nel dormire e/o nell’alimentazione, incubi, iper-sonnia.
-Mancanza di energie: affaticamento, difficoltà nelle interazioni sociali e tendenza a isolarsi.
-Maggior bisogno di attenzione da parte del genitore o delle figure di riferimento: i bambini possono fare molta più fatica a distaccarsi dalle figure di riferimento, perché temono che possa accadere qualcosa di brutto.
Cosa possono fare gli adulti per aiutarli:
-Dire la verità ai bambini, attenendosi ai fatti, senza alleggerire, né dilungarsi sulla dimensione o sulla portata dell’emergenza e utilizzando parole semplici e adatte all’età. Non sovraesporli a dettagli traumatici e lasciare molto spazio alle domande. Se si è in difficoltà su una domanda si può prendere tempo dicendo: “La mamma/papà non lo sa, si informa e appena avrà informazioni più accurate ti dirà tutto per bene, ok?”.
-Illustrare ai bambini che si trovano ora al sicuro e che anche gli altri adulti importanti della loro vita lo sono. Ricordare loro che ci sono tanti medici e persone fidate che si stanno occupando di risolvere le conseguenze dell’evento e stanno lavorando per assicurare che non avvengano ulteriori problemi di questo genere (“Hai visto quanti dottori stanno intervenendo? Sono tutte persone bravissime che sanno aiutare i grandi e i bambini ancora in difficoltà”). Spiegare ai bambini che è necessario adottare dei comportamenti per proteggersi e che sono stati scelti dagli esperti.
-Dimostrare un atteggiamento di disponibilità e vicinanza fisica cercando di parlare con voce rassicurante.
-Far sapere ai bambini che sentirsi sconvolti, avere paura o essere preoccupati è normale. Spiegare che tutti i sentimenti vanno bene (normalizzazione e validazione delle reazioni). Lasciare parlare i bambini dei loro sentimenti e rassicurarli che, anche se è tutto molto brutto, insieme le cose si possono affrontare. In questo modo per i genitori sarà più facile monitorare lo stato d’animo in cui i bambini si trovano e aiutarli in maniera più appropriata.
-Non negare loro i propri sentimenti, spiegare che è normale che anche gli adulti abbiano delle reazioni emotive dopo un evento così inaspettato e che tutte le reazioni sono normali e gestibili. A creare disagio ai bambini, come detto sopra, non è l’espressione delle emozioni, bensì la loro soppressione. Vedendo che gli adulti esprimono in modo coerente le loro emozioni, i bambini avranno un modello di riferimento, impareranno che possono fidarsi delle comunicazioni dei propri genitori e che potranno comunicare loro i propri stati emotivi.
-Se il bambino ha crisi di rabbia, esprimere a parole dei motivi della rabbia può aiutarlo ad acquisire un maggior controllo imparando a regolarla (“Sei arrabbiato? Lo sai che anche la mamma è molto arrabbiata?”). Bisogna tenere presente e comunicare ai bambini che la rabbia è un sentimento sano e può essere espressa in modo accettabile.
-Se il bambino manifesta sensi di colpa, è importante rassicurarlo sulla sua completa estraneità agli eventi (“Non è colpa tua se…..”).
-Non usate frasi come: “So come ti senti”; “Poteva andare peggio”; “Non ci pensare”; “Sarai più forte grazie a questo”. Queste espressioni che tutti noi adulti utilizziamo per rassicurarci e rassicurare possono inibire e ostacolare la manifestazione delle emozioni e dei vissuti dolorosi conseguenti ad un evento catastrofico.
-Il ritorno alla routine è importante perché rassicurante. Meglio non fare troppi regali o attività extra, il ritorno alle proprie abitudini è quanto di più naturale e sano si possa fare, finché questo non avverrà occorre rassicurare e mantenere per quanto possibile la routine familiare.
-Non lasciare i bambini da soli davanti alla TV o alla radio. Le persone esposte ad un trauma hanno il naturale bisogno di dare un significato all’accaduto e per questo passano molto tempo a ricercare notizie in TV, internet e radio. È importante che i bambini non siano mai lasciati soli nei momenti in cui si vedono trasmissioni che riguardano l’evento. Non negare la possibilità di vedere le notizie, ma scegliere un solo momento durante il giorno o dieci minuti per consultare insieme, selezionandole prima, le notizie. Stare quindi accanto al bambino e spiegare esattamente cosa si sta ascoltando e le immagini. Concentrare l’attenzione sui dettagli più rassicuranti (ad esempio i medici che stanno aiutando) e dare, in seguito, tutto il tempo necessario affinché il bambino possa fare domande.
Consiglio infine un video e una lettura utile per raccontare ai bambini cosa sta succedendo.
Se le reazioni faticassero a rientrare e non notate un miglioramento è importante rivolgersi a professionisti preparati che possono aiutarvi a fronteggiare al meglio lo stress dei vostri bambini.
Come psicologa e psicoterapeuta esperta in tecniche di elaborazione e desensibilizzazione dei traumi, offro degli interventi mirati in videochiamata in linea con l’iniziativa dell’OPL #lopsicologotiaiuta.
Il primo colloquio di consulenza, in questo periodo emergenziale, è gratuito.
Note: il presente testo attinge e integra le linee guida diffuse dall’Associazione EMDR Italia, di cui sono socia.
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